Giovanni Vitali Rosati
Pediatra
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Nido sì o Nido no?
Da pediatra e non pedagogista, per me la risposta a questa domanda è: “Dipende”; dipende infatti dalle esigenze che si hanno in famiglia, dalle caratteristiche del bambino (non dobbiamo dimenticare che i nidi sono rivolti ai bambini al di sotto dei tre anni di età), e dalla disponibilità dei nidi stessi.
Dal punto di vista psicomotorio, mi sento di dire che l’inserimento del bambino alla scuola materna (a partire dai tre anni di età), può essere sufficiente anche se l’inserimento al nido offre una serie di stimoli che consentono di socializzare più precocemente e di favorire un più rapido sviluppo sia psichico che motorio.
Ma ogni medaglia ha il suo rovescio e con l’ingresso il nido, il bambino inizierà ad ammalarsi con molta frequenza a causa del suo sistema immunitario ancora naïve verso i microbi, che lo costringerà a casa con tosse, raffreddore e talvolta febbre, vanificando i vantaggi dell’asilo nido.
Senso di protezione e di angoscia: l’importanza delle figure stabili
Sappiamo che per una corretta crescita il bimbo necessita, specialmente nei primi tre anni di vita, di figure di attaccamento sicure e stabili: mentre nei primi mesi di vita sorride a tutti in modo indistinto, intorno ai sette / otto mesi inizia a prediligere, in modo forte, una figura di riferimento che di solito è la mamma, e lo manifesta gioendo quando la mamma si avvicina e piangendo quando si allontana (mono tropismo positivo); contemporaneamente riconosce gli estranei, li rifiuta e piange quando si avvicinano troppo (reazione d’angoscia all’estraneo e poli tropismo negativo), reazione che rimane fino all’età di circa 24 mesi.
Sulla base di questa realtà, sono in molti a consigliare di inserire il bimbo al nido prima degli otto mesi, per evitare la comparsa del senso di angoscia nei confronti degli estranei.
Inserimento: quando farlo
A questo punto sorge un dubbio: se pensiamo che il bambino abbia una maggiore necessità di senso di protezione nei primi mesi di vita, non dovremmo pensare che sia preferibile affidarlo ad una babysitter o ad un familiare che si possa dedicare totalmente alle sue necessità? In questo modo il bambino, intorno al primo anno di età, avrà raggiunto la maturazione e la sicurezza ideali per poter vivere bene l’esperienza offerta dal nido.
Al giorno d’oggi entrambi i genitori hanno un impegno lavorativo, ed il Nido diventa un’esigenza irrinunciabile; per questo motivo non è sempre possibile stabilire quale sia il momento giusto per l’inserimento del bambino al nido, che comunque rimane una tappa importantissima nella vita sia del bambino che della famiglia poiché rappresenta il primo distacco significativo.
Inserimento: come farlo
Per quanto riguarda l’inserimento, questo periodo di inserimento-ambientamento deve tenere conto di una moltitudine di elementi: la storia, le abitudini, le esigenze, le emozioni ed i sentimenti di ogni singolo bambino.
Per permettere che il passaggio dalla dimensione personale e familiare a quella sociale sia graduale e rispettoso del singolo, è importante partecipare ai colloqui individuali tenuti dalle educatrici già prima dell’effettivo inserimento del bambino nella struttura, ricordando che il distacco dalla figura dei genitori, e l’inserimento in un nuovo contesto, non costituisce un fatto naturale; questi incontri serviranno per raccogliere le informazioni di base e le abitudini quotidiane relative alla cura, all’alimentazione ed al sonno del piccolo. Verranno inoltre richieste informazioni in riferimento ai livelli di sviluppo, soprattutto motorio e linguistico, e sugli aspetti organizzativi-gestionali della famiglia in merito alle modalità e agli orari del successivo ambientamento.
Le fasi dell’inserimento
Partendo dal fatto che l’ambientamento non segue un protocollo standard, solitamente ogni struttura proporrà e sceglierà di mettere in atto una particolare tipologia di inserimento a seconda delle esigenze dei genitori implicati nel processo. Tendenzialmente, questo avviene in tre fasi: avvicinamento, affidamento e appartenenza.
L’avvicinamento è la prima fase, ovvero il momento in cui genitori e educatori si conoscono e si scambiano informazioni, e viene permessa la visita degli ambienti. Vengono rilasciate brochure, Carta dei Servizi e tutti i documenti relativi alla struttura.
Si passa poi alla fase dell’affidamento, cioè il periodo in cui inizia la vera e propria separazione dal genitore, che dovrà rassicurare il bambino e continuare ad essere il suo punto di riferimento anche dopo la frequenza al nido.
L’appartenenza è lo stadio in cui si va a consolidare il rapporto di fiducia instaurato tra nido e famiglia: da questo momento il bambino frequenterà assiduamente la struttura e la famiglia sarà in continuità con il team.
Il momento del saluto
Sottolineo l’importanza del momento del saluto: il bambino deve sapere che il genitore si sta allontanando, che lo sta affidando all’educatrice e che farà ritorno in seguito; il bambino potrebbe penserebbe, altrimenti, di non potersi fidare del genitore e che potrebbe essere lasciato solo in qualunque momento, aumentando (comprensibilmente) la sua paura del distacco.
Se il bambino si mostra preoccupato e non accetta le educatrici, è utile poter richiamare il genitore (che dovrebbe rimanere nelle vicinanze della struttura per tutta la durata dell’ambientamento): insistere nel voler calmare il suo pianto senza l’intervento del genitore, rischierebbe di non favorire la creazione di una relazione positiva con l’educatrice.
Fonti:
- Baumgartner E., “Il gioco dei bambin”, Roma, Carocci Editore, 2020.
- Bondioli A. [et al.], “Manuale critico dell’asilo nido”, Milano, Franco Angeli,2020.
- Bosi R., “Pedagogia al nido. Sentimenti e relazioni”, Roma, Carocci Editore, 2009.
- Bulgarelli N. [et al.], “Comunicazione interpersonale e inserimento del bambino all’asilo nido”, Firenze, La Nuova Italia, 1981
- Restiglian Emilia, “Valutazione della qualità nei servizi per la prima infanzia Sistemi e strumenti”, Carocci Faber.
- Benedetti, “Entrare al nido a piccoli passi. Strategie per l’ambientamento”, Junior, Bergamo 2001.
- Graziella Fava-Vizziello, “Psicopatologia dello Sviluppo”, Il Mulino.