Versione moderna della “Ruota degli Esposti” diffusa nel Medioevo, la Culla per la Vita è una struttura attiva sul nostro territorio dagli anni ‘90 al fine di limitare i casi di neonati abbandonati in strada e gli effetti tragici che tale situazione comporta.
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Il primo progetto nazionale per l’istallazione di queste strutture in ospedali dislocati in tutta Italia, chiamato Ninna-Oh, è stato voluto dalla Fondazione Francesca Rava e Kpmg con il patrocinio del Ministero della Salute e della Società Italiana di Neonatologia.
Si tratta infatti di una struttura concepita appositamente per permettere alle mamme in difficoltà di lasciare, in totale protezione, i neonati nel pieno rispetto della sicurezza del bambino e della legge italiana. Questa si trova in un luogo facilmente raggiungibile, garantisce l’anonimato della mamma, ed è dotata di una serie di dispositivi (riscaldamento, chiusura in sicurezza della botola, presidio di controllo h 24 e rete con il servizio di soccorso medico) che permettono un facile utilizzo ed un pronto intervento per la salvaguardia del bambino.
Di cosa si tratta
Come spiegano dal Policlinico di Milano, la Culla per la Vita è strutturata in modo tale che, una volta accolto il bambino, il personale sanitario sia immediatamente avvisato da un allarme così da prendersi cura del neonato entro pochi minuti.
Posizionata solitamente in un luogo defilato dell’ospedale, la culla è dotata di una serie di dispositivi come il riscaldamento e una chiusura in sicurezza che permettono il facile utilizzo da parte del genitore, un presidio di controllo h24 ed una rete diretta con il servizio di soccorso medico.
Come funziona
La Culla per la Vita è composta da sensori e costantemente video-sorvegliata tramite una telecamera che verifica la presenza di un neonato. All’ingresso esterno della struttura sono presenti una tapparella automatica termo-isolata, un citofono di comunicazione collegato con il reparto di Terapia Intensiva Neonatale ed un pulsante di comando per avviare l’apertura della tapparella e, quindi, della culla dove sarà possibile deporre il neonato. Una volta lasciato il bambino, la tapparella andrà a chiudersi automaticamente mettendolo al sicuro. Un allarme acustico avviserà tempestivamente il personale medico che si recherà sul posto con l’apposita incubatrice di trasporto per trasferire il neonato presso il reparto di Terapia Intensiva o Neonatologia per accertamenti e cure del caso, procedere con il ricovero secondo le procedure, e avviare il procedimento di adozione.
Cosa dice la legge
Anche se questa pratica è ancora poco conosciuta, in Italia la legge 2000 (DPR 396/2000 art.3, comma 2) permette di partorire in anonimato garantendo la sicurezza della mamma e del bambino. La legge consente ad una madre che partorisce in ospedale di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’Ospedale dove è nato affinché siano assicurate assistenza e tutela giuridica.
Il nome della madre rimane per sempre segreto, e nell’atto di nascita del bambino viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”.
Nel 2008 il Policlinico del capoluogo campano ha inaugurato la prima culla termica di ultima generazione per i bambini abbandonati, un’iniziativa, patrocinata dalla Società Italiana di Neonatologia con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’abbandono neonatale garantendo il diritto al parto in anonimato riconosciuto dalla legge italiana. Oggi è una realtà presente in tutta Italia.
Per visualizzare le culle presenti sul territorio italiano, potete visitare il link di seguito: https://www.culleperlavita.it/dove-sono/ .