Dire “No” ai bambini li aiuta a crescere.

Dire “No” ai bambini li aiuta a crescere.

Tempo di lettura: 3 minuti

“Se c’è qualcosa nel bambino che desideriamo cambiare, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.” C.G. Jung

Mirta Di Luco

Mirta Di Luco

Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale in formazione
Contenuto selezionato da Pediatotem

Tutti noi sappiamo quanto sia difficile e faticoso dire “no” ai bambini e farglielo accettare, specie tra la prima e la seconda infanzia. Si tratta di un’età in cui progressivamente il bambino si evolve nella relazione con i pari e nel rapporto con la realtà, anche scolastica. In questa fase i bambini hanno l’esigenza di affermare la propria autonomia ed il loro desiderio di indipendenza.

I “no” ci aiutano a crescere e ci preparano ad affrontare la vita.

È importante avere in mente in che modo porre i bambini davanti a queste limitazioni e la “giusta “comunicazione” può essere fondamentale. Per imparare a dire “no” ai nostri piccoli, ecco alcune parole chiave che possono essere d’aiuto: 

  • Chiarezza: le regole, i no, i limiti vanno spiegati e motivati. Se ad esempio decidete che il bambino non dovrà togliere il cappello, provate a non limitarvi nel dire “non toglierlo”, a costo di doverlo ripetere molte volte, spiegate il motivo per cui non deve togliere quel cappello.
  • Concretezza: il bambino deve poter comprendere quel no e avere le capacità cognitive per rispettarlo. Non potete pretendere che un bambino di otto mesi non metta le mani in bocca perché quello è il suo modo di esplorare il mondo, potete sicuramente lavorarci con un bambino di due anni.
  • Costanza: per sviluppare un senso di responsabilità nel bambino, è importante fargli comprendere che, in caso di disobbedienza, accadrà qualcosa o perderà qualcosa. Il consiglio è di verbalizzare sempre e renderlo consapevole.

Cosa fare quando il bambino non accetta il “no”?

Quando ci troviamo davanti un bambino oppositivo o intollerante alla frustrazione, la sfida più difficile è la fermezza educativa. Bisogna rimanere fermi sulla vostra posizione, con un tono di voce normale, senza far agire la rabbia, accogliete ciò che sta vivendo il bambino in quel momento, dimostrate di comprenderlo e preservate la vostra autorevolezza.
Nel caso in cui il “comportamento problema” non scompaia, è necessario ricorrere a tecniche di intervento comportamentali specifiche. Le tecniche maggiormente utilizzate sono:

  • L’estinzione: processo mediante il quale un comportamento che non viene rinforzato cessa di prodursi. L’impiego di questa strategia è possibile soltanto a condizione che il comportamento indesiderato possa essere temporaneamente tollerato.
  • Il costo della risposta: consiste nel presentare al bambino le conseguenze spiacevoli del suo comportamento. Secondo questa tecnica, quando il bambino mette in atto un comportamento disfunzionale deve rinunciare ad un privilegio che aveva acquisito in precedenza. In questo caso viene utilizzata la tecnica della token economy, è possibile impiegare il costo della risposta togliendo gettoni già ottenuti, rimandando così il raggiungimento del premio finale, che può essere ad esempio un gioco tanto desiderato o una giornata al parco divertimenti.
  • Time-out: tale tecnica viene usata in presenza di comportamenti impulsivi, aggressivi o ostili. Consiste nell’allontanare fisicamente il bambino dalla situazione in cui ha manifestato il comportamento, così da isolarlo da altre fonti di rinforzo per un tempo limitato, stabilito in precedenza e sancito dal suono di un timer. Nel momento in cui si verifica il “comportamento problema” il bambino dovrebbe essere condotto in un luogo privo di stimoli, in cui dovrà rimanere fino al termine del time-out segnalato dal timer. L’allontanamento dalla situazione scatenante va accompagnata da una breve spiegazione, fornita con tono fermo ma non collerico, sul comportamento disfunzionale. Il messaggio che quest’ultimo deve ricevere riguarda la necessità di calmarsi e abbassare il livello di attivazione comportamentale.

In conclusione, un’educazione autorevole, ma aperta al dialogo e al confronto, è in grado di promuovere la giusta autonomia e il corretto sviluppo del bambino durante le prime fasi di crescita.