I Disturbi alimentari: conoscere per prevenire.

I Disturbi alimentari: conoscere per prevenire.

Tempo di lettura: 3 minuti

I disturbi alimentari pervadono la mente di giovani e adulti creando un legame stretto tra cibo ed autostima: controllo e discontrollo sull’alimentazione si alternano tra i comportamenti esibiti, e minano lo stato emotivo con ripercussioni importanti sull’umore e sulla percezione di sé.

Eleonora Campolmi

Eleonora Campolmi

Psicologa Psicoterapeuta
Contenuto selezionato da Pediatotem

I consigli che verranno descritti in seguito non vogliono costituire la chiave di intervento che dia la garanzia assoluta che tali problematiche non si manifestino (troppe sono le variabili da controllare e non sono neanche le stesse per tutti gli individui), tuttavia possono fornire ai genitori qualche spunto di riflessione e una bussola per orientarsi in un ruolo per il quale non abbiamo manuale di istruzioni.

Riconoscere e distinguere bisogni fisiologici richieste affettive

La prima e seconda infanzia, sono momenti delicati in cui sarebbe auspicabile cercare di mantenere comportamenti funzionali nella gestione dell’alimentazione dei propri figli.
In queste fasi di vita sono fondamentali l’osservazione, l’ascolto e l’accoglienza dei bisogni di un figlio. Spesso si rischia di rispondere a richieste d’amore e di vicinanza affettiva con la somministrazione di cibo o di altri oggetti: è importante, pertanto, imparare a distinguere quelli che possono essere i bisogni fisici da quelli emotivi del bambino. L’ascolto e l’osservazione attiva permettono di imparare a distinguere un pianto per fame da quello che esprime desiderio di contatto e vicinanza.
Fin da neonati l’intimità della relazione al momento del pasto dovrebbe essere curata in ogni suo aspetto poiché diviene uno scambio affettivo tra genitore e figlio. Si deve riflettere sul fatto che lo scopo non è solo nutrire con il cibo ma anche rispondere ad una domanda d’amore.
È fondamentale avere chiaro che spesso il bambino può esprimere qualche difficoltà o paura attraverso il rifiuto del cibo ma è importante che il genitore capisca che questo non è sinonimo di “rifiuto della madre” (come qualche teoria aveva ipotizzato), irrigidirsi in questa credenza rischia solo di creare rabbia e frustrazione e minare la relazione madre-figlio.
Ogni forma di imposizione come usare il cucchiaino, mangiare necessariamente anche ciò che non gradisce o insistere perché mangi tutto quello che è stato proposto, può creare dinamiche rischiose che innescano circoli viziosi da cui è difficile uscire.
Dobbiamo utilizzare il cibo per permettere al piccolo di crearsi esperienze sensoriali importanti che gli facciano comprendere quante caratteristiche può avere un oggetto: non ha solo un gusto buono o cattivo ma c’è anche il salato, il dolce, ha una consistenza, un odore, colore ecc.

Il ruolo della famiglia e non solo

È importante promuovere il confronto tra figli e genitori perché possano essere esternate difficoltà, preoccupazioni o pensieri dannosi che fungono da campanello d’allarme, così che la famiglia possa rispondere tempestivamente rivolgendosi ad un professionista (pediatra, psicoterapeuta, nutrizionista).
A tale proposito è auspicabile che i genitori possano conoscere le sintomatologie dei disturbi alimentari affinché possa essere affrontato il problema prima che peggiori o si cronicizzi.
Un intervento di una figura competente può aiutare il/la giovane ad affrontare difficoltà emotive, insicurezze, paure ed analizzare dinamiche familiari che, involontariamente, mantengono o alimentano il problema. La famiglia, quindi, ha un ruolo importante e decisivo nel riconoscere la difficoltà e permettere un intervento tempestivo nel quale i genitori, guidati dallo specialista, fungono da parte attiva per la risoluzione del problema.
Ovviamente anche il ruolo della scuola è indispensabile. L’occhio vigile degli insegnanti determina un punto di vista aggiuntivo nella valutazione dell’equilibrio del piccolo e può aiutare i genitori, attraverso un lavoro di squadra, a gestire il periodo particolarmente difficile.

Bibliografia

  • L’anoressia giovanile. Nardone G., Valteroni E. (2017) Ed Ponte alle Grazie;
  • Mangio o non mangio? I disordini alimentari e i bambini. Mastroleo A., Pace P. (2015) Mondadori Electa;
  • Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Nardone G. (2012) Ed Ponte alle Grazie;
  • Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi. Nardone G., Verbitz T., Milanese R. (2005) Ed TEA;
  • Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. ‎Nardone (2003) Ed BUR Saggi.