Sin dalle prime settimane dopo il concepimento nel feto si sviluppa il senso del gusto, le papille gustative si formano infatti a circa 8 settimane di gestazione, ma come procede poi lo sviluppo del gusto nei bambini?
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Prime esperienze gustative: quando i bambini conoscono i sapori e gli odori per la prima volta?
Ancor prima di nascere impariamo a riconoscere odori e sapori. Durante gli ultimi mesi di gravidanza gusto e olfatto sono già in azione: tutto ciò che mangia la mamma viene rilasciato come odore nel liquido amniotico e il feto “impara” e riconoscerlo e ad apprezzarlo, ritrovando nel latte, una volta nato, lo stesso odore e sapore di cui aveva già fatto esperienza durante la vita fetale.
Le espressioni facciali cambiano in relazione alle diverse stimolazioni dei recettori del gusto, anche la frequenza di deglutizione varia a seconda degli aromi che percepisce il bambino, aumenta con l’aroma dolce che viene percepito come sapore “sicuro”, diminuisce con l’amaro, percepito come “potenzialmente pericoloso”. Questo istinto, legato all’evoluzione della specie, ha una funzione protettiva per il bambino.
Attorno ai 6 mesi di vita, durante il periodo dello svezzamento, il bambino inizia a sperimentare sapori, odori e consistenza dei cibi; queste esperienze gustative, delle prime fasi di vita, sono determinanti per la definizione del gusto e delle preferenze alimentari, andando ad influenzare negli anni successivi le sue abitudini alimentari. È fondamentale quindi che il bambino sperimenti la più grande varietà di alimenti, rispettando comunque le indicazioni del Pediatra.
Neofobia alimentare: che cos’è?
Con il tempo il bambino impara sempre di più a conoscere e a riconoscere il sapore dei cibi, anche se a volte farà fatica ad ampliare la sua dieta accettando sapori diversi da quelli già noti.
Sarà capitato a tutti i genitori di assistere ai capricci del proprio bambino che rifiuta un particolare alimento; l’avversione del bambino a mangiare o provare nuovi alimenti (più comunemente frutta e verdura) è chiamata “neofobia alimentare”.
Il timore di assaggiare cose nuove, come già accennato, deriva da un riflesso primitivo di protezione; infatti, migliaia di anni fa era un istinto utile al bambino non avvicinarsi a radici o frutti potenzialmente velenosi. Tra i 2 e i 6 anni circa, il bambino può vivere questo rifiuto o tendenza ad essere estremamente selettivo sul repertorio alimentare.
Ci sono fasi in cui la neofobia è fisiologica, tra i 2-3 anni e verso il periodo della pubertà, quando il bambino prima e l’adolescente poi, inizia ad affermare la propria autonomia.
Si tratta di una fase passeggera, bisogna però far attenzione che non si prolunghi troppo nel tempo perché questo comportamento potrebbe avere un effetto negativo, favorendo l’esclusione di alimenti qualitativamente molto nutrienti.
Attenzione, inoltre, a non confondere la neofobia con il non gradimento di un singolo alimento: se il bambino rifiuta tutti i tipi di verdure, non mangia la frutta o il pesce, è molto probabile che si tratti di neofobia alimentare; se, invece, mangia gli spinaci o le zucchine, ma ha un’estrema avversione per i broccoli, potrebbe non gradire quel singolo alimento o il modo in cui gli viene preparato.
Si può riproporre il cibo rifiutato?
Ovviamente ogni bambino svilupperà con il tempo le proprie preferenze alimentari che, nonostante in parte siano geneticamente determinate, possono essere “guidate”, ad esempio, con il gioco, mostrando un determinato comportamento a tavola da parte della famiglia, o offrendo il cibo in maniera ripetuta ma senza imporlo duramente al bambino.
Affinché il bambino superi il rifiuto per quel cibo, sarebbe utile riproporlo come se nulla fosse ma non in maniera continuativa e quotidiana; generalmente, affinché un bambino accetti quel cibo, è necessario riproporlo dalle 10 alle 15 volte, per un periodo di tempo non troppo lungo.
Cosa devono fare i genitori: atteggiamenti giusti e quelli da evitare
Quando un bambino rifiuta il cibo non andrebbe né forzato né tantomeno assecondato; la regola è sempre la stessa: sono i genitori, secondo le indicazioni del Pediatra, a scegliere cosa far mangiare al bambino, ma è il bambino che decide se e quanto mangiare. Infatti, se il bambino non vuole mangiare non vanno proposte alternative fino a trovare qualcosa di suo gradimento “purché mangi qualcosa”; né va bene imporre per giorni lo stesso piatto (come facevano una volta le nonne) fino a quando il bambino non cede, sarebbe altamente diseducativo.
Nei casi in cui la neofobia continui nel tempo, si può provare a cambiare la preparazione del piatto, lesso piuttosto che al forno, o variare le forme dell’alimento abbinando ingredienti di colori diversi, magari preparando la cena insieme al bambino, lasciando che sperimenti e si sporchi le mani, o anche coinvolgerlo nel fare la spesa, un modo efficacie per avvicinare il piccolo alla scoperta di nuovi cibi.
Ricordiamo sempre che l’esempio degli adulti è fondamentale nell’esperienza alimentare del bambino, e che, per qualsiasi dubbio o difficoltà, il Pediatra di riferimento sarà pronto a guidare la famiglia nella crescita del bambino. Ci vuole molta pazienza, senza lasciarsi prendere dalla frustrazione, dopotutto essere genitori è un duro lavoro.