Difficoltà nel sonno

Difficoltà nel sonno

Tempo di lettura: 4 minuti

Per molti genitori la gestione delle ore notturne, con le diverse fasi dell’addormentamento e dei frequenti risvegli, rappresenta un momento difficile, a volte anche molto critico.

Gherardo Rapisardi

Gherardo Rapisardi

Pediatra e neonatologo
Contenuto selezionato da Pediatotem

È importante dormire bene

Le notti insonni, o una cattiva qualità del sonno, possono riflettersi negativamente sulle capacità di regolazione emotiva e del comportamento del bambino, accompagnandosi a iperattività, impulsività e aggressività, alterazioni dell’umore e irritabilità, sonnolenza, difficoltà a consolarsi, a concentrarsi, a giocare per tempi prolungati, ad apprendere, così come sul sonno dei genitori, con conseguenze sulla loro salute (riduzione di concentrazione, sonnolenza diurna, disturbi dell’umore, depressione) e sugli equilibri familiari.

Perché è così difficile far addormentare i bambini?

Le difficoltà nel sonno – che riguardano circa il 30% dei bambini in età prescolare – spingono molti genitori a chiedere aiuto o a cercare soluzioni “facili” nei vari metodi proposti dal mercato, ma spesso il problema è legato ad aspettative eccessive o alle poche conoscenze sulle caratteristiche del sonno infantile, per cui comportamenti fisiologici, come i risvegli notturni o le difficoltà ad addormentarsi, vengono percepiti come anormali.  Anche le pressioni esterne che i genitori ricevono da chi li giudica, basandosi spesso su falsi miti (“se lo fai dormire con te poi non te lo leverai più di dosso”) e dalle opinioni molto diverse di pediatri, psicologi, pedagogisti e altri professionisti, mettono ulteriormente in difficoltà i genitori.
Sappiamo, ad esempio, che gli studi che hanno confrontato i bambini che hanno dormito a contatto dei genitori per anni, rispetto a chi è stato separato precocemente, utilizzando varie metodologie, non hanno trovato differenze significative nel loro sviluppo emotivo a distanza di tempo.  Ciò non sorprende dato che non è un comportamento di per sé (come dormire assieme o separati) ad influenzare lo sviluppo del bambino, ma lo sono invece le qualità globali delle relazioni, dell’attaccamento e dell’accudimento in cui tale comportamento viene inserito.

Quali sono le difficoltà del sonno più frequenti?

La più frequente difficoltà nel sonno, specie nei primi 3 anni, è l’“insonnia”, caratterizzata da difficoltà dell’addormentamento, risvegli notturni problematici e risveglio precoce, che possono essere presenti in modo isolato o in diversa associazione tra di loro. Il picco di incidenza è tra i 6 e i 24 mesi e spesso sono associati spostamenti da un letto all’altro durante la notte (fino al 50% dei casi a 2-3 anni di età). Meno frequenti sono le parasonnie (maggiori dopo i primi 3 anni), i disturbi del respiro e del movimento durante il sonno e le ipersonnie, mentre le alterazioni del ritmo circadiano sono molto maggiori in adolescenza.

Quali sono i fattori che causano l’insonnia?

L’insonnia è causata da una combinazione di numerosi fattori, per circa un terzo geneticamente determinati e due terzi acquisiti: temperamento e capacità di regolazione del bambino, disturbi organici (come infezioni respiratorie, disturbi digestivi, allergie a inalanti o alimenti, intolleranza al lattosio etc), sviluppo psicomotorio, ritmi circadiani, qualità delle relazioni familiari (che si trovano sempre di più ad affrontare anche la sfida della gestione degli strumenti digitali), condizioni ambientali e socio-culturali.
Conoscere le peculiarità del sonno infantile e dei suoi cambiamenti con la crescita può essere un valido supporto per aiutare i genitori a comprendere i motivi alla base dei comportamenti del bambino durante il sonno e non solo, prevenire le difficoltà, affrontarle in modo adeguato quando si presentano e sostenere i bambini nel loro sviluppo.

Esiste un modo per far addormentare al meglio i nostri bambini?

Fermo restando le misure di sicurezza durante il sonno, fondamentali nei primi 12 mesi di vita, ma anche successivamente, se non pensiamo solo alla SIDS (morte in culla), non esistono modi di dormire in assoluto migliori di altri.
I genitori sono i migliori conoscitori del bambino e della relazione con lui. Il bambino conta su genitori che abbiano comportamenti coerenti e siano sereni; ciò che, in base alla loro cultura, i loro valori e il loro stile di vita, percepiscono come la migliore soluzione, sarà davvero la scelta più idonea per il piccolo.

Alcuni esempi: le vostre storie

Non ci sorprende quindi che le madri riportino storie e modalità ben diverse quando raccontano come siano state superate delle difficoltà.
In alcuni casi sono stati prioritari aspetti legati a vicinanza e separazione: “Per i primi mesi si svegliava molto spesso di notte, portarla nel lettone era la risposta giusta, ma mio marito si era spostato in un altro letto della casa. Io ho il sonno leggero, non riuscivo a dormire né a rilassarmi. A 6 mesi l’ho spostata in un lettino in camera nostra e sono riuscita a dormire di più rispondendo ai suoi pianti, allattandola e rimettendola giù, rispetto a quando dormivo con lei. La mia ansia si è notevolmente ridotta quando l’ho fatta dormire in uno spazio suo. Durante il giorno, la portavo nella fascia per compensare la mancanza del legame di notte”.
“Mi avevano dato tanti consigli per farla dormire vicino al nostro letto, ma niente funzionava se non stare insieme nel lettone. Allora ho iniziato a seguire il mio istinto e abbiamo dormito insieme per anni. Ora è adolescente e molto indipendente”.
Per altre mamme sono state determinanti modifiche nelle modalità di addormentamento: “Fin dalla nascita dormiva solo se mi stava accanto, si svegliava tante volte a notte, specie dai 6 ai 14 mesi. Abituarlo ad addormentarsi non attaccato al seno e a rilassarsi da solo lo ha aiutato, ma il vero cambiamento è stato togliere la poppata durante la notte; lui ha imparato a prendere sonno da solo, dondolandolo un po’ e standogli accanto. E il sonno va molto meglio per entrambi”.
Altri ancora raccontano di tempi e caratteristiche diverse dei loro bambini: “Non ho mai perso una notte! Fin dalla terza settimana dormiva sei ore di seguito la notte e poi nove ore verso i 5-6 mesi… ma due anni dopo, con il fratellino, non è andata così! Come sono diversi i bambini!”.

Ricordiamo che il Pediatra o una figura specializzata potrà fornire strumenti operativi e indicazioni pratiche, affinché i genitori possano accrescere le proprie conoscenze, rafforzare la loro relazione con i figli e trovare la propria via per gestire al meglio il sonno in famiglia.

Fonte:

“Alla conquista del sonno”