L’amico immaginario

L’amico immaginario

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Un peluche, un animale, un coetaneo, a volte persino un adulto: l’amico immaginario può avere forme ed aspetti differenti, così come il nome.
Dal punto di vista psicologico non si tratta di un disturbo e neppure motivo di preoccupazione per i genitori, anzi: sembrerebbe indice di una buona capacità di assestamento, soprattutto in determinate situazioni.

Lorenza Di Genova

Lorenza Di Genova

Pediatra e neonatologa
Contenuto selezionato da Pediatotem

L’importanza dell’amico immaginario

Questa tipica fase è attraversata dai bambini tra i 3 e gli 8 anni di età e, una volta superata, tenderà a scomparire autonomamente. È più frequente nei bambini che hanno subito traumi, che vivono o hanno vissuto situazioni stressanti ed utilizzano così la fantasia per affrontare le proprie ansie ed i propri problemi. L’amico immaginario svolge un ruolo fondamentale per lo sviluppo della personalità del bambino che lo inventa: sa rassicurare, consolare, dare conforto; nella maggior parte dei casi può assumere più ruoli contemporaneamente, a seconda delle necessità e dei bisogni di chi lo crea.
Secondo molti ricercatori, già da adolescenti si evidenziano gli aspetti positivi dell’aver avuto un amico immaginario: infatti i ragazzi e le ragazze con questo tratto tendono ad affrontare meglio situazioni di tensione perché abituati a non dipendere dagli altri; la capacità di stare da soli, da adulti, si rivela anche una qualità essenziale per vivere con serenità, uno scudo contro il circolo vizioso della dipendenza affettiva.
Per Jean Piaget, psicologo del XX secolo, le funzioni principali che gli amici invisibili possono rivestire per il bambino, sono quattro:

  • Consolatoria: l’amico immaginario ascolta e consola il bambino anche nei momenti più difficili, senza dover aspettare o cercare qualcuno;
  • Compensatoria: può colmare l’assenza di un genitore o amico assente;
  • Morale: può essere una sorta di “grillo parlante” in grado di guidare il bambino nelle scelte;
  • Stimolo: può fare da motivatore in determinate situazioni.

Quando bisogna preoccuparsi?

Può succedere che si continui ad avere un amico immaginario anche in fase preadolescenziale, ma non deve essere per forza visto come segno di immaturità. Solo nel caso in cui inizino a preferire la sua compagnia rispetto a quella di figure reali, allora sarà il caso di allarmarsi: potrebbe essere sintomo di un’ulteriore problematica.
Esistono rari e poco accennati casi di adulti che “vedono” ancora il loro amico immaginario, comunque consapevoli del fatto che questa figura non sia reale, ma se la persona non appare consapevole della sua irrealtà, si potrà ipotizzare una patologia mentale quale la schizofrenia.

Consigli per i genitori

Ciò che non si conosce spaventa, per questo molti genitori possono mostrarsi preoccupati nel vedere il loro bambino parlare e giocare con un amico invisibile; in realtà, il bambino è consapevole del fatto che si tratti di un personaggio frutto della sua invenzione, ed è importante per i genitori tranquillizzarsi e non prenderlo in giro ridicolizzando questa fantasia con frasi come: “È una cosa stupida” o “Non si può parlare con qualcuno che non esiste”. Il bambino si sentirebbe ferito e umiliato, e farà sempre più fatica a confidare qualcosa del suo mondo interiore.  
Mamma e papà, al contrario, dovrebbero chiedere delle informazioni su di lui, così da poter comprendere le paure ed i desideri del figlio. Stare al gioco del bambino mantenendo separate la realtà della fantasia, lo aiuterà a fidarsi di loro.

Fonti:

Camaioni L., Di Blasio P. (2002): “Psicologia dello sviluppo”,
Il Mulino. D’Alessio M. (2000): “Psicologia dell’età scolare”, Carocci, Roma.
Giani Gallino T. (1993):” Il bambino e i suoi doppi: l’ombra e i compagni immaginari nello sviluppo del Sé”, Bollati Boringhieri, Torino.
Taylor M. (2001): “I compagni immaginari e i bambini che li creano”, Oxford University